L’accessibilità, questa sconosciuta


Credo che più o meno tutti voi abbiate, almeno una volta nella vita, sentito una frase del tipo a “Questa app non è accessibile”.
Oppure, magari navigando in Internet, vi siete imbattuti in qualche sito la cui barra in alto recita qualcosa di simile a “Gli utenti che usano lettori dello schermo possono premere alt+f1 per la modalità accessibile
Ma cosa vuol dire esattamente?

 

 

Definizione di accessibilità

Se cerchiamo “accessibile” sul dizionario, troviamo questa definizione:

  1. Di facile accesso; facilmente raggiungibile: è un luogo a. a chiunque
    ‖ SIN. praticabile | CON. inaccessibile, irraggiungibile
  2. fig. Di persona, che si può avvicinare; accostabile
    ‖ SIN. affabile
    ‖ Incline, disposto: animo poco a. alla pietà
    ‖ SIN. propenso
  3. fig. Di cosa, che si può ottenere, raggiungere, comprendere con facilità: nozioni, concetti accessibili anche ai più giovani
    ‖ Modico: prezzi accessibili a tutti

Quindi qualcosa a cui si può accedere, che si può raggiungere. Aggiungerei anche il significato di interscambio: se qualcosa o qualcuno è accessibile, posso interagirvi senza difficoltà.
Benissimo, quindi abbiamo già capito quale sia il significato di questa parolina magica anche per quanto riguarda il mondo dell’informatica.
Ma per comprendere ancora meglio il concetto, diamo ancora un’altra definizione che forse non c’è su tutti i vocabolari.

 

 

Tecnologie assistive

Che cosa sono le tecnologie assistive?
Prima di rispondere a questa domanda, poniamocene un’altra: “Che cos’è una tecnologia?”

EHEHEHEH! Non ci avete mai pensato, vero?

Quando sentiamo questa parola, subito ci vengono in mente computer, smartphone, elettrodomestici, macchine… perché nel mondo moderno sono normali queste cose, appunto, tecnologicamente avanzate.
Ma la tecnologia non è altro che uno strumento costruito appositamente per svolgere in maniera più efficiente, efficace, con meno sforzo e risultati migliori un determinato compito.

 

Però molto probabilmente a pochissimi (per non dire a nessuno), viene in mente quale sia stata la tecnologia che ha davvero rivoluzionato la storia dell’uomo ancora millenni fa (che di elettronico non ha proprio niente), perché siamo talmente abituati ad usarla e ad averla perennemente sotto gli occhi che non ci facciamo più neanche caso: la ruota.

 

Non voglio rubare il lavoro ad Alberto Angela (anche perché non ho proprio le competenze per farlo), ma la ruota è stata la prima, vera, grande tecnologia che ha migliorato notevolmente la vita dell’uomo in molteplici settori.
Quindi, torniamo alla domanda iniziale: “Che cos’è una tecnologia assistiva?”
Estendendo il concetto di efficienza e semplificazione di un compito, una tecnologia assistiva è sempre uno strumento dedito alla semplificazione e all’ausilio per il raggiungimento di uno scopo ben preciso, ma da parte di individui che non possono svolgere quello specifico compito in maniera usuale.

 

Gli esempi più comuni di tecnologie assistive sono: le sedie a rotelle, <<i bastoni bianchi>>, gli apparecchi acustici, i videoingranditori, il Braille e via dicendo.

 

 

L’accessibilità informatica

Quindi, alla luce di ciò, che cos’è l’accessibilità in ambito digitale?
In informatica esiste una branca che si chiama Interazione uomo-macchina, una disciplina che racchiude tutta una serie di studi affinché l’utente finale riesca a usare un prodotto software senza diventare un toro nella Corrida.
Per dirla in soldoni, c’è tutta una serie di analisi, indagini e ricerche sia a livello scientifico che psicologico per attrarre l’utente con la grafica, i bei colori, la disposizione delle opzioni in modo che salti all’occhio prima un’informazione rispetto ad un’altra, l’uso delle scritte parlanti (dalle pochissime parole deve essere subito chiara la funzione di un pulsante o di un link), la semplicità del prodotto senza intaccarne la potenzialità ecc. ecc.

Insomma, se voi scaricate la vostra nuova app dell’Home Banking,dovete capire in meno di 10 secondi come fare un bonifico.
Che bello il dono della sintesi…

Questa modalità di sviluppo, grafica e presentazione delle informazioni prende in gergo il nome di usabilità.
L’accessibilità è un concetto più specifico: è l’usabilità da parte di una persona che utilizza tecnologie assistive.
Ma attenzione: non tutte le disabilità, in questo ambito, hanno bisogno di tecnologie assistive.
Principalmente il concetto di accessibilità in campo informatico è legato alle disabilità sensoriali: una persona che non riesce a usare tastiera, mouse o il touch del telefono utilizza altri strumenti come puntatori oculari, periferiche appositamente modificate o altro, ma è in grado di vedere e sentire il prodotto così com’è. In altre parole, non vi è la necessità di implementare il codice in un certo modo.
Per le disabilità sensoriali (cecità e sordità), invece, il concetto è ben diverso, perché l’interazione è strettamente legata a ciò che la tecnologia assistiva riesce a intercettare e di conseguenza a erogare.

 

In un video, per esempio, i sottotitoli (se non scritti manualmente), vengono generati in base a ciò che il trascrittore automatico è in grado di catturare. Ora, non sono esperto di questa tipologia di tecnologia, però immagino che un software del genere vada in tilt quando delle voci si accavallano. E comunque non ci sono ancora programmi o dispositivi che al contempo ricreino magari un grafico o diano dei feedback aptici per dare anche un’idea della musica di sottofondo.
Mentre il contenuto puramente visuale (testo e immagini) dipende dal lettore di schermo e dalle sezioni del software che possono essere raggiunte con i comandi a tastiera.
Ovviamente, come al solito, mi addentro soltanto in cose che conosco e quindi vi racconto dell’accessibilità per quanto riguarda la disabilità visiva.

Nota: L’altro tipo di disabilità che potrebbe incontrare ostacoli in questo senso è l’epilessia, se i colori sono troppo vivaci o ci sono animazioni luminose, ma oggettivamente non ci sono problemi a livello contenutistico.

 

 

Come funziona davvero l’accessibilità

Quindi, abbiamo detto che una persona con disabilità visiva può accedere al contenuto di un qualsiasi prodotto legato al mondo informatico (che sia un’app sul telefono, una pagina Internet o un software sul pc) in base a come lo screen reader interpreta il codice del programma stesso.
Per chiarire bene questa cosa, vorrei fare un esempio molto semplice che sia, già che sono in tema, accessibile a tutti.
Non so se lo sapete, le pagine web devono il proprio design a un linguaggio di formattazione che si chiama html.
Si chiama linguaggio di formattazione perché, appunto, è responsabile dell’aspetto della pagina, dei titoli, paragrafi, tabelle, link e via dicendo, oltre che del carattere, della dimensione e del colore del testo.

 

Anche voi potete creare benissimo una piccola pagina html: aprite un file in un qualunque editor di testo, e scrivete ad esempio queste poche righe:


<!DOCTYPE HTML>
<html>
  <head>
    <title>Esempio html</title>
  </head>
  <body>
    <h1>Questo è un titolo</h1>
    <p>Questo è il contenuto della pagina html<p>
  </body>
</html>

Salvate questo file con estensione .html e poi apritelo con un browser per avere subito un’idea di cosa avete creato.
Una bellissima pagina base html che ha il titolo “Questo è un titolo” in Times New Roman Grassetto e un paragrafo, sempre in Times New Roman più piccolo del titolo che recita “Questo è il contenuto della pagina html”.
Un risultato simile a questo qui

 

Pagina web base con fondo bianco, titolo e paragrafo. "Questo è un titolo" è un titolo in Times New Roman Grassetto. "Questo è il contenuto della pagina html" è il paragrafo in Times New Roman, più piccolo del titolo
Pagina web di base con titolo e paragrafo

 

Ora, quelle paroline che trovate tra i segni di minore e maggiore si chiamano tag. I tag, proprio come delle parentesi, vanno aperti e poi chiusi – con l’aggiunta del segno slash (/) -, e sono parole chiave che indicano al browser il ruolo del testo tra essi racchiuso.
Quindi, se avete seguito i passaggi precedenti, avrete certamente notato che la frase “Questo è un titolo” è stata inserita esattamente come titolo principale. Perché la parola chiave <h1> (dove h sta per header e 1 è il livello dell’intestazione) dice esattamente questo: il testo che vedi tra questi tag è il titolo subito in alto della pagina html.
Invece la parolina chiave <p> (paragraph in inglese) indica, appunto, un paragrafo.
Solo per completezza, <title> e <body> sono due tag fondamentali per l’interpretazione corretta della struttura della pagina da parte dei browser e vanno obbligatoriamente inseriti.

 

Poi ci sono tanti altri tag che indicano i titoli di vario livello, i link, i pulsanti… insomma, se avete navigato in Internet almeno una volta nella vostra vita, sapete esattamente di cosa sto parlando.
Ora, dove si infila l’accessibilità in tutto ciò?
Tutte queste magiche paroline vengono interpretate dal lettore di schermo, così che quando ne intercetta una, non solo legge il testo, ma indica anche il ruolo di quel testo.

 

Per esempio, la riga html <h1>Questo è un titolo</h1> viene letta esattamente così dallo screen reader:
“Livello di intestazione Questo è un titolo”
Identificando tutti i tag, lo screen reader riesce quindi a leggere correttamente la pagina web esattamente così com’è, come la vede un qualunque utente.
Sostanzialmente l’accessibilità è esattamente questo: sviluppare un programma con quelle accortezze che fanno sì che un lettore di schermo riesca a raggiungere ogni singola porzione di codice e identificare correttamente ciascuna istruzione, in modo da fornire all’utente finale tutte le informazioni necessarie affinché il prodotto possa essere usabile anche per chi non vede.

Nota: Come ho già detto, qua parlo della disabilità visiva. Ma il concetto , ovviamente, è esteso anche a tutte le altre tipologie di disabilità a seconda delle circostanze e dei bisogni di ciascuno.

 

 

È tutto accessibile?

Magari!

Non viviamo in un mondo ideale, ahimè…
Tra siti Internet, programmi per computer e applicazioni smartphone, è facile trovare qualcosa di non accessibile.
A grandi linee gli e-commerce risultano facilmente navigabili sia da computer che da smartphone, e con loro anche i siti di notizie e giornali, social network e tutte le pagine dove prevale il testo scritto.

 

Le cose cominciano a peggiorare quando si incontrano elementi con cui si deve interagire: alcuni menù a tendina, per esempio, non si riescono a scorrere con la semplice tastiera, oppure certi pulsanti non si possono cliccare dando invio. Molto probabilmente perché sono entità grafiche il cui codice è predisposto per funzionare esclusivamente col click del mouse.
Ho trovato molto spesso questo problema con i calendari sui siti di prenotazioni sui mezzi pubblici, dove bisogna obbligatoriamente scorrere i tre slot di anno, mese e giorno e non si può inserire manualmente la data.

 

Esistono delle linee guida da seguire per rendere un prodotto software il più accessibile possibile dettate dal WCAG, una sezione del W3C, che si occupa di stabilire gli standard e le convenzioni da adottare in campo progettuale al fine di Guidare il Web fino al massimo del suo potenziale.
Una tra queste regole, talmente banale che potete adottare anche voi quando pubblicate una foto sui vostri profili social, è il testo alternativo delle immagini.

Elementare…
Eh, Sherlock!

È una cosa tanto semplice, alla portata di tutti, ma a cui nessuno pensa.
Ok, adesso non voglio obbligare nessuno, ci mancherebbe; ma sappiate che tutti noi, nel nostro piccolo, abbiamo la possibilità di rendere il mondo un po’ più accessibile.

 

Il problema si ingigantisce nel momento in cui queste linee guida non vengono seguite o peggio, sono totalmente ignorate dagli sviluppatori,, il cui prodotto non è fine a se stesso, ma distribuito su scala nazionale se non mondiale e spesso non gratuito.
A parer mio, ci sono due motivi principali:

  1. in primis, perché purtroppo ancora non esiste quella tipologia di mentalità che induce alla consapevolezza che non tutti possediamo gli stessi strumenti e le medesime possibilità, in sostanza non si pensa a come una certa categoria di persone possa usare un prodotto diversamente dalla massa;
  2. in secondo luogo, purtroppo l’accessibilità cozza tantissimo con la grafica: se un sito esteticamente bello, dinamico, con i riquadri che cambiano forma e colore al passaggio del mouse, è molto difficile che sia accessibile.
    Ora vi chiedo: per voi il sito di Amazon è bello?
    Infatti, quello è accessibile.

Però diciamo anche che ultimamente c’è un po’ più consapevolezza, almeno nei nuovi prodotti digitali, ma più che una questione di sensibilità, penso proprio perché da qualche anno Google ha inserito l’accessibilità come parametro per il suo ranking.

E poi il malizioso sono io?

 

Più volte (almeno in Italia) sono state emanate delle leggi che imponevano, specie per la Pubblica Amministrazione, di rendere accessibili i propri servizi.
La prima è stata la Legge Stanca del 2004, poi aggiornata con un decreto nel 2018 per la tutela del diritto a chiunque di accedere alle fonti di informazioni in tutte le loro forme, comprese quelle telematiche.
A quanto pare adesso ne arriverà un’altra entro fine giugno 2025, la European Accessibility Act, che vuole estendere questo diritto all’accessibilità digitale in tutta Europa.
Visto com’è andata fino ad oggi però, non mi aspetto proprio nulla, staremo a vedere e spero tanto di sbagliarmi.

Lo scopriremo solo vivendo!
Comunque adesso ho un po’ paura!

 

 

 

 

 

L’accessibilità, questa sconosciuta

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