Dunque dunque, questo articolo mi è stato ispirato da un episodio di qualche tempo fa, raccontatomi da un amico.
Per questioni di privacy e tutto il resto, chiameremo questo amico Osvaldino, così è simpatico anche a voi che leggete.
Ma prima di iniziare, inquadriamo la situazione, così si capisce un po’ di cosa vorrei parlare ora.
Situazione iniziale
Osvaldino è uno studente universitario in sedia a rotelle che vive nello studentato insieme ad altri ragazzi, studenti di una marea di facoltà diverse.
Conosce quasi tutti, alcuni lo prendono in simpatia, altri lo evitano come la peste (come succede a tutti d’altronde).
Dunque, dicevo, a Osvaldino un capitò quanto segue.
Una bella mattina stava prendendo il caffè alla macchinetta dell’università e quel giorno non era in compagnia dei suoi classici amici.
La sua sedia a rotelle è quella manuale e non quella elettrica cosicché lui voleva il caffè, ma non c’era nessuno ad accompagnarlo.
Quindi, immaginatevi la scena:
lui si spinge fino alla macchinetta, prende il caffè ed ora ha in mano il bicchiere e dovrebbe spostarsi spingendosi con le mani.
Ma fortunatamente in quel preciso momento non c’era nessuno, quindi decide di bere il suo buonissimo caffè scialacquato delle macchinette (🤢) lì, senza spostarsi.
Appena prima che finisca di bere il caffè, vede un ragazzo venire verso la macchinetta.
Accidenti, ora deve spostarsi, altrimenti l’altro come si piglia ‘sto caffè buonissimo, a cui nessuno studente universitario può rinunciare?
Per i motivi già citati chiameremo questo nuovo ragazzo Ubaldo.
Quindi, ustionandosi pure la lingua, Osvaldino finisce in fretta di bere per spostarsi dalla macchinetta e lasciare spazio a Ubaldo.
Come fa, se si deve spingere con le mani?
Si ficca il bicchierino di plastica vuoto con la paletta dentro tra i denti e mette le mani sui cerchioni delle ruote della sua sedia.
Quando Ubaldo arriva e lo vede gli chiede:
“Vuoi che te lo butti io?”
Ok, fino a qui l’episodio è più che sufficiente.
Ovviamente, Osvaldino ci è rimasto molto molto male.
“Perché?” vi starete chiedendo voi. “È stato gentile, voleva aiutarlo“.
In un primo momento verrebbe da pensarla così, però analizziamo bene la situazione.
Anzi, prova a pensarci un attimo prima di leggere il prossimo paragrafo. Se ti è capitato ancora di aiutare qualcuno, sicuramente hai capito dov’è stato l’errore.
Come dare aiuto
Allora, hai capito?
La proposta di Ubaldo, fatta sicuramente in buona fede, è stata quella di buttare il bicchiere per conto di Osvaldino, NON quella di metterlo nelle condizioni per cui lui potesse buttare il bbicchiere, cioè spingerlo fino al cestino.
È una sottile differenza, forse anche non così facile da cogliere.
Quello che vorrei che emergesse da questo breve ma significativo racconto è che quando vi trovate davanti ad una persona con delle difficoltà (e non parlo solo disabilità), dovreste agire affinché quella persona sia nelle condizioni di poter fare quella cosa da sola e non che qualcun altro la faccia al posto suo.
Un esempio più lampante, che chiarisce benissimo questa cosa per tutti.
Nel momento in cui un bambino, un vostro compagno di classe, vostro figlio non riesce a svolgere i compiti da solo voi cosa fate, li fate al posto suo?
Non credo. Invece cosa fate?
Gli chiedete cosa non ha capito, glielo rispiegate, magari con esempi più semplici, più alla sua portata, giusto? Cioè, lo mettete nelle condizioni per cui lui dopo riesca a ultimare il compito assegnatogli da solo.
Dopo che avete spiegato a vostro figlio o al vostro amico come si fa una certa cosa e lui riesce finalmente a farla, non è più felice? Non si sente gratificato?
Ecco, non cambia assolutamente niente.
Spero che dopo aver letto questo articolo, sarete più sereni e consapevoli ad offrire il vostro aiuto a chi è in difficoltà, non per fare una cosa al posto suo, ma per aiutarla a farlo.